La loro sofferenza
è anche la mia
il loro morire ogni giorno
è anche il mio morire
ed è la piega che prenderà
questo mondo moderno
in cui tutte le finestre sono chiuse
in cui nessuno ti tende la mano
ma aspetta nel suo dolore
che tu gli tenda la tua
La loro sofferenza
è anche la mia
il loro morire ogni giorno
è anche il mio morire
ed è la piega che prenderà
questo mondo moderno
in cui tutte le finestre sono chiuse
in cui nessuno ti tende la mano
ma aspetta nel suo dolore
che tu gli tenda la tua
Quando si è stanchi
quando la lingua inciampa
quando tutto cade e tu
rimani a guardarti le mani
allora si è soli veramente
si respira quell'aria fredda
di rancore stupido
si pretende che tutto
magicamente ritorni intero
quando lo sai benissimo
che il mondo ha fatto un giro
e non lo puoi più fermare
Vecchio orso mi muovo
Nelle mie terre
Non so andare lontano
Cincischiando un po’
Di traverso mi metto
Col cuore imbiancato
La testa fasciata e nell’angolo
Un posto che mi assomiglia
Divento più sano fermando
La giostra
Divento diverso da come penso
Divento un po’ più buono
Con me stesso
La neve ha imbiancato l’ultimo gradino
Nemmeno un gatto gira sui tetti
L’aria è fredda e uccelli neri
Magri e sconsolati girano in tondo
Ho voglia di cornetto alla crema
E i programmi di cucina alla tv
Non li sopporto
Chiudo a chiave l’ultima finestra
E le tapparelle scendono cigolando
Il fuori e il dentro mi confondono
Preferisco il cielo
È così immenso e perfetto
Non ha bisogno di alternative
Ma da qui non lo vedo
Ho solo un soffitto
Pieno di crepe
Gli ingredienti della poesia sono tre ed hanno come acronimo E.M.O. come le tre lettere iniziali di emozione e il prefisso per sangue. Sono tre ingredienti interconnessi tra loro, se ne manca solo uno non c'è più la poesia.
E. sta per Emozione, l'emozione di un attimo vissuto. Attimo che la poesia blocca per sempre.
M. sta per Musica. Senza la musica non ci sarebbe più poesia. E' inutile andare ogni tanto a capo, spezzare il verso se questo non crea una musica interna, un tono particolare adatto ad E., l'emozione.
O. sta per Obliquità. Lo sguardo del poeta non è mai diretto a ciò che osserva, è obliquo. Se è troppo diretto non si colgono gli aspetti più sfuggenti, eterei che si hanno solo quando l'io di chi scrive è in disparte, non partecipa all'evento, ma ne è solo un testimone. Per questo le poesie sembrano scriversi da sole. Vanno oltre le nostre piccolezze, oltre la razionalità, ma allo stesso tempo approfondiscono la realtà che viviamo.
Cara vecchia Moka
con la tua testa argentata,
gli spigoli aguzzi, sei
gorgogliante e profumata
quando dal tuo tubicino
infiammato l’aroma
sgorga in piccoli rivoli
caldi e neri con quelle
schiume soffici che mi
fanno pregustare il tenero
dono d’amore mattutino.
Ma ormai sei anziana
la gente non ti cura
sei troppo lenta, troppo
macchinosa, non sei “smart”
come dicono oggi.
Bisogna riempirti, stringerti
accendere un fuoco che ti scaldi
e poi lavarti, smontarti
troppo, veramente troppo
per noi che abbiamo
sempre meno tempo
sempre meno voglia
sempre meno
L'umidità ci trapana le ossa
ogni tanto guardiamo oltre
a scrutare il nemico nascosto
oliamo le armi, spariamo e un'eco risponde
va avanti così da giorni, da anni
e non ricordiamo esattamente quando
ci seppellimmo qui dentro senza bara
quando qualcuno ci disse di andare
abbracciare le armi che la guerra
era da fare, qualcosa c'era da perdere
molto da guadagnare.
La stanchezza ci ha preso dentro
non possiamo più continuare
siamo quattro o cinque che hanno ceduto
buttiamo le armi, ci spogliamo
le nostre mani sporche
la nostra faccia di nerofumo
ha brandelli di carne che cedono
il coraggio ora è di attraversare
nudi la pianura, oltre la trincea
il coraggio è andare di schiena
senza guardare, senza sperare